
La scorsa estate per diverse settimane si sono susseguite notizie relative ad adolescenti morti “per troppo divertimento”. Ragazzi per bene, studiosi, forse solo un pò irrequieti che più o meno consapevolmente hanno deciso di sperimentare un divertimento esagerato, talmente tanto esagerato da snaturarsi diventando l’opposto di una esperienza piacevole.
Possiamo empatizzare e stringerci idealmente attorno ai famigliari di questi ragazzi ma non potremo mai avvicinarci neanche lontanamente al loro dolore. Mi sono chiesta se quello che si prova davanti a notizie di questo tipo non derivi anche dal confronto che spontaneamente facciamo tra l’adolescente che è in noi e il protagonista della tragedia. L’adolescente che siamo stati, che rimane dentro di noi per sempre facendo da supporto allo sviluppo della nostra personalità da adulti, è possibile si senta molto fortunato ad essere stato, suo malgrado, capace di fare scelte migliori di quei poveri ragazzi.
Ci sentiamo fortunati per aver deciso in una frazione di secondo, e senza neanche sapere bene come, se fare qualcosa oppure no. Nel renderci conto a posteriori del pericolo che abbiamo scampato inconsapevolmente arriviamo a provare una sorta di sconcerto. Non di rado le generazioni più adulte confrontandosi con queste storie collocano tutto il pericolo nei luoghi che i ragazzi frequentano, nelle ore della notte che loro non hanno mai vissuto fuori di casa, finendo con l’attribuire ai luoghi e alle cattive compagnie responsabilità che non si riesce a distribuire altrove.
E allora si arriva a pensare che sia un bene chiudere le discoteche, che tutto possa risolversi facendo rincasare i ragazzi presto la sera e se succede una qualche tragedia la responsabilità viene data a quel dato amico di cui si doveva vietare la frequentazione. Tuttavia se non si vuole correre il rischio di avere una visuale parziale sul mondo degli adolescenti di oggi dobbiamo necessariamente considerare anche il mondo degli adulti che dovrebbe avere il compito di guidarli, contenerli e accoglierli.
L’adolescenza è un periodo in cui tutti gli equilibri che faticosamente si erano stabilizzati nella psiche del bambino vengono messi in discussione perché sembra arrivato il momento in cui potersi affacciare al mondo degli adulti e a tutto ciò che questo comporta. Anche spinte infantili sono ancora presenti negli adolescenti e adesso che il loro corpo e i loro desideri sono più vicini a quelli degli adulti è con questa categoria che devono confrontarsi e scontrarsi per capire se tutti i valori che da loro hanno ricevuto meritano credito oppure no. Le spinte impulsive che adesso si affiancano al bisogno di indipendenza e la messa in discussione delle figure genitoriali diventano ingredienti di un cocktail esplosivo.
Portando avanti questo discorso non c’è l’intenzione di riferirsi ad un ragazzo in particolare e ai suoi genitori ma vorrei riflettere in termini un pò più ampi su ciò che sta accadendo nella nostra società. Se c’è una differenza sostanziale tra un adulto e un adolescente la si ritrova nel fatto che il primo dovrebbe avere capito in pieno una delle lezioni fondamentali della vita: la realtà impone dei limiti. Ovvero ci sono delle oggettività oltre le quali non si può andare, se dobbiamo essere responsabili delle nostre scelte dobbiamo considerare anche che alcuni effetti di queste sono irreversibili.
“La grande bellezza” di Sorrentino mostra proprio uno spaccato di società in cui gli adulti sembrano adolescenti che giocano a fare i grandi. Se quel film ha avuto il potere di spaccare in due le platee italiane dividendo gli spettatori tra “entusiasti” e “offesi” forse è proprio perchè quella storia ci ha sbattuto in faccia l’inconsistenza dell’età adulta nella nostra società.
Se gli adolescenti di oggi si confrontano con adolescenti cresciuti viene meno il presupposto fondamentale che distingue le due categorie. E se non esiste tanta differenza tra un adolescente ed un adolescente cresciuto, possiamo ancora sostenere l’esistenza di un mondo adulto?
Pubblicato su Lo Sguardo sui Cinque Reali Siti – nov. 2015 anno XIII n.7