
Nell’istante stesso in cui, guidatori o no, usciamo dalle nostre case ci immergiamo in un complesso sistema di regole che definisce il modo in cui tutti gli individui utilizzano lo spazio tra una abitazione e l’altra. Per strada le persone possono muoversi ricoprendo uno specifico status che comporta particolari diritti, doveri, privilegi e, aggiungerei, frustrazioni. In base all’età, allo stile di vita e al momento della giornata possiamo essere infatti pedoni, ciclisti, motociclisti, automobilisti e così via dovendoci occupare e preoccupare di volta in volta di questioni diverse. Nonostante ciò, a pensarci bene, il codice della strada sembra il sistema di regole più trasgredito in assluto. Le consuetudini consolidate in una data cultura locale possono essere ad esempio più forti del buon senso e della legislazione, basti fare mente locale a cosa succede in alcune zone d’Italia oggi rispetto all’utilizzo di dispositivi come il casco o la cintura di sicurezza resi obbligatori ormai dalla seconda metà degli anni ’80. In generale, il rapporto dell’essere umano con le regole rimane una delle questioni psicologiche più complesse e interessanti. Si può rispettare una norma perché si condivide profondamente il comportamento prosociale che la regola promuove o perché non si vuole incorrere nella sanzione prevista per quella data prescrizione o ancora perché il gruppo di cui facciamo parte in quel momento le rispetta e noi non vogliamo sentirci esclusi da quel gruppo (pensate all’esperienza che si fa quando siamo in una città o un Paese diverso dal nostro in cui riusciamo a rispettare regole che normalmente ignoriamo). Questi rappresentano modi sostanzialmente diversi di rapportarsi ad una regola: il primo combacia con una predisposizione presente nell’intimo del singolo cittadino, il secondo ha effetti solo se il singolo sente di correre il rischio di ricevere una “punizione”, il terzo sembra essere una via di mezzo che si poggia sul desiderio di essere accettati dal resto della comunità. Tutte queste dimensioni della morale umana coesistono in ciascuno di noi e si attivano in situazioni diverse. Tornando al codice della strada, è molto probabile per esempio che non passi per la testa di imboccare consapevolmente una strada contromano perché condividiamo talmente in modo intimo questo divieto da non viverlo neanche come tale. È invece molto più frequente che si parcheggi in divieto di sosta immaginando che non per forza si troverà una multa sulla macchina per aver trasgredito al divieto. Solitamente ricordiamo il motivo alla base di una norma quando la trasgressione di quella regola ci tocca in prima persona visto che l’essere umano è fatto anche di questi piccoli egocentrismi e in effetti, presi dalla fretta non pensiamo costantemente che le precedenze all’incrocio è bene che vengano rispettate sempre ma lo sappiamo perfettamente un attimo dopo che qualcuno ci ha tagliato la strada mettendoci in pericolo. Tempo fa un conoscente mi ha riferito, in un misto di imbarazzo e compiacimento, di essere stato bonariamente multato da una scolaresca per aver parcheggiato sulle strisce pedonali. I bimbi gli avevano lasciato un biglietto sul parabrezza precisando che avendo parcheggiato sulle strisce gli aveva impedito di attraversare la strada in tutta sicurezza. Mentre ascoltavo questa persona parlare, ricordo nitidamente di aver pensato al buon lavoro che la società stava facendo con quei bambini che conoscevano una regola, i suoi presupposti e si sentivano autorizzati a sottolineare la mancanza altrui che ledeva un proprio diritto. In più, le insegnanti che li avevano abituati a questo tipo di atteggiamento avevano innescato un dispositivo diabolico: quale adulto potrebbe mai dimenticare di aver ricevuto una bella strigliata da un gruppo di bambini e oltretutto a ragione? Una vittoria su tutti i fronti se si considera il bel messaggio che le maestre erano riuscite a passare ai bambini in termini di appartenenza responsabile e civile ad una comunità. Nel rapporto psicologico tra l’individuo e le regole della strada la mancata certezza di una punizione sembra essere la base perché si instaurino comportamenti poco consoni. Se una regola non è intimamente condivisa -e questo può accadere per questioni caratteriali, dinamiche passeggere come la frenesia di alcuni momenti della giornata, piuttosto che aspetti culturali della comunità in cui si vive – il fatto che non ci sia sempre un vigile a multarci o un bambino a ricordarci quanto poco siamo stati adulti in quel frangente, dà modo alla mente umana di crearsi un alibi e dimenticarsi che effettivamente con un dato comportamento siamo stati mancanti in qualcosa o abbiamo corso un grave rischio.
Articolo pubblicato su Lo sguardo sui cinque reali siti, settembre/ottobre 2015, anno 2015 XIII, n.6